domenica 27 febbraio 2011

PREPARARSI A PERDERE UN CONCORSO

Dopo la parentesi amorosa, torniamo a parlare di cose serie. Torniamo a parlare del concorso per un posto di ricercatore in Egittologia e Civiltà Copta (L-OR/2) bandito presso “Sapienza - Università di Roma” al quale ho partecipato e che ho perso.
Di cose da dire ne ho tante. Ho pensato a lungo a come avrei potuto raccontarle. Sono arrivato alla conclusione che la cosa migliore è esporre i fatti così come si sono svolti. Né più né meno.

Sono venuto a sapere dell’esistenza del concorso al ritorno della missione autunnale in Egitto 2009. Ho subito capito che non lo avrei vinto. Nessuno mi aveva infatti detto che sarebbe stato indetto per me. Ho deciso di presentarmi lo stesso. Aggiornare il curriculum, mettere insieme le proprie pubblicazioni, ritrovare gli attestati. Leggere e rileggere il bando di concorso e consultarsi con altri colleghi per non commettere errori. Verificare e rileggere. Controllare e riguardare. Già. Bisogna andarci cauti, perché la prima cosa che fanno per eliminarti è proprio quella di trovare qualche vizio di forma. Tutte queste operazioni prendono ore e ore. Ore atroci. Sì, atroci.
Ho pensato a lungo a quale termine utilizzare per descrivere quello che è costretto a subire chi, come me, si è trovato a partecipare a un concorso con ottime speranze di vincerlo pur sapendolo che sicuramente lo perderà. Non me ne è venuto nessun altro. Tutto ciò èsemplicemente atroce.
A mio avviso, chi decide un concorso a tavolino commette un’atrocità. Sono persone che vanno contro la Costituzione, che commettono un reato. Perché non vengono punite? Non è una truffa fare vincere qualcuno che lo merita meno di un altro? Non è un danno nei confronti dell’università privilegiare qualcuno con meno titoli? Non è un’ingiustizia non dare alcun credito a quello che è stato fatto in anni e anni di lavoro?
Con questo non voglio accusare nessuno in particolare. Tanto meno chi ha deciso il risultato del mio concorso. Non spetta a me giudicare. Altrimenti non avrei presentato ricorso. La legge fornisce degli strumenti per far valere i propri diritti e io ho intenzione di esercitarli. Mi sento danneggiato. Vedremo poi, non so quando, se questa è una semplice impressione dettata da manie di persecuzione o se è più di una sensazione.
Sono però, fino a prova contraria, un libero cittadino e mi sento perciò legittimato a esprimere opinioni su quello che ritengo giusto o sbagliato basando le mie affermazioni su concetti di morale e etica che mi sono stati impartiti o che ho appresso nel corso della mia vita.
Come ben sapevano gli egiziani non esiste però un’unica verità e tantomeno un’unica giustizia. Il defunto veniva giudicato nella Sala della Maaty. La duplice verità, la duplice giustizia. Quello che a me appare ingiusto, può perciò sembrare assolutamente legittimo per altre persone.
Far vincere un concorso a qualcuno perché è il proprio familiare, il proprio allievo, il proprio amante, il proprio correligionario, il proprio concittadino, il proprio compagno di scuola, il proprio schiavo, il proprio maggiordomo, il proprio portaborse, il proprio leccapiedi, il proprio zerbino, il proprio puntaspilli e così via dicendo a me sembra ingiusto. Per altri è perfettamente legittimo. E per voi?
Vi siete mai posti questa domanda? Qui sta tutto il nocciolo della questione. Cosa fareste, se foste commissari a un concorso? Da un lato vi trovate il vostro (familiare, allievo, amante, correligionario, concittadino, compagno di scuola, schiavo, maggiordomo, portaborse, leccapiedi, zerbino, puntaspilli e così via dicendo) che si presenta con l’unico articolo “A proposito di un frammento di un’iscrizione geroglifica dalla mia collezione privata”. Dall’altro lato si presenta l’autore de “La storia ragionata dell’antico Egitto” in otto volumi, tradotta in quindici lingue e osannata dai colleghi. Chi fareste vincere?
In quest’esempio, volutamente assurdo ed esagerato, e nella decisione che ne consegue risiede il bandolo della matassa. In teoria tutti dovrebbero essere d’accordo sul fatto che chi privilegia un conoscente invece di chi ne ha diritto assume un atteggiamento apertamente nepotista. In pratica questo succede molto più spesso di quanto si creda, anzi pare che ormai sia la regola. Se una volta nella vita si decide di compiere tale scelta si ha infatti la tendenza a giustificare chi ne compie una simile e a non dire nulla. Da qui al silenzio il passo è breve. Dal silenzio all’omertà c’è soltanto lo spazio di un sinonimo. Devo continuare?

L’atrocità di un verdetto già deciso ho cominciato a percepirla sempre più forte nella mia casa di Montepulciano. Erano i giorni di fine dicembre 2009. Stavo raccogliendo la documentazione per il concorso e lo facevo febbrilmente. La nascita di mio figlio (avevamo deciso di non sapere il sesso in anticipo) era prevista per il 10 gennaio. Ma poteva anticipare, come infatti è successo.
Il senso di atrocità era anche aggravato dal fatto che dall’estate precedente mi trovavo senza lavoro. Una situazione non facile. Nulla però rispetto a quello che sarebbe diventata la mia vita di lì a pochi mesi. Prima l’enorme gioia, poi la grande angoscia. Ma sto uscendo dal seminato…
Alla fine tutta la documentazione era pronta per essere spedita. Un pacco voluminoso, pesante. All’interno ci sono i miei libri sul Museo Egizio del Cairo e sulla Pittura murale egizia. Quattro chili ognuno. Sono andato alla posta…

(Continua)

E qui mi fermo. Ho voglia di parlare di un po’ di egittologia. Nell’ultima settimana sono riuscito a visitare il Museo Egizio di Torino e a vedere il nuovo allestimento del corredo funerario di Kha e Meryt. Ho fatto una scoperta…

3 commenti:

Unknown ha detto...

Come Wilbur Smith... ci lasci sempre in sospeso !!!!
Comunque che i concorsi italiani siano "truccati" lo sanno tutti... Lo scorso anno ho avuto echi da Pisa per la nomina di un assistente... Preciso ntifico, per dirla alla Camilleri, con le possibilità da te esposte come metro di giudizio...Non so se poi gli interessati abbiano davvero fatto ricorso alla magistratura...sarà stato, al solito, tutto insabbiato.
Come Italiana all'estero queste cose mi toccano anche di piu', perché ho un'altra mentalità (svizzera,la peggiore in quanto a rigidità nella forma) e mi secca,ma proprio tanto, dover portare in giro il mio orgoglio patrio insieme a tante cose obbrobriose, di cui i concorsi e le nomine statali, ospedaliere, cattedratiche e via di seguito, per finire in un governo da Vaudeville.
Poi quando sento l'Inno di Mameli piango. Per molte ragioni.
Baci e abbracci da Tebe Ovest, ti aspettiamo Nonnabella

Sandro ha detto...

Ecco ci mancava ancora il sospeso sull'allestimento di Kha e Merit! Così non vale professore! Troppa carne al fuoco. Conoscendo "l'ammirazione" (ah, ah) del prof Roccati per il nuovo allestimento... non vediamo l'ora di leggere il suo di commento... sì, ma yalla yalla.

Anonimo ha detto...

Mi spiace, per chi vorrebbe fare un favore ai suoi, cari, all'amica o amico, al servo o all'amante...io non potrei farlo, mai e so, anche se ho dei sogni nel cassetto, che non vorrei mai vederli avverati grazie a un "calcio nel sedere". Sono pienamente d'accordo. Se non ci impegniamo, se non rischiamo, le cose non cambieranno MAI. Nel mio piccolo...combatto tutti i giorni per questo e continuerò a farlo.