mercoledì 30 marzo 2011

BACK TO ZAHI AGAIN

Scrivo questo intervento da Los Angeles. Sarà per questo motivo che il titolo mi è venuto spontaneamente in inglese? Chissà…
Stanotte (ci sono nove ore di differenza dall’Egitto e dall’Italia) sono stato svegliato da un SMS di Isabella che mi comunicava la notizia che Zahi è nuovamente Ministro delle Antichità. Ne ho avuto conferma sul link di Ahram On line. Il sondaggio fatto su questo blog è così risultato profetico. Non ci voleva molto. Diciamocelo francamente. Ora come ora Zahi è l’unica persona che può reggere il peso di una situazione complicata come quella odierna.
Si può dire quello che si vuole su Zahi, ma nessuno ha la sua energia e il suo carisma. Purtroppo, da quando ha dato le dimissioni, ne ho sentite veramente tante. Molte critiche sono arrivate proprio da persone che fino al giorno prima lo avevano osannato e avevano ostentato con sussiego e superiorità una conoscenza personale. Che schifo e che pena! Ma perché certa gente non se ne sta zitta? Sono sicuro che ora quelle stesse persone torneranno a osannare Zahi e a dire “L’avevo detto che sarebbe tornato. Meno male”.
Intanto Zahi ha rilasciato un comunicato sulla situazione delle antichità nell’area archeologica di Dahshur e dintorni. I timori da me espressi nel mio precedente intervento sono purtroppo risultati più che fondati. Nel corso della visita è stato possibile accertare che almeno un cimitero e una moschea sono stati costruiti su monumenti più antichi. Situazioni simili sono segnalate anche a Lisht, Saqqara, Abu sir e Giza.
Alcune antichità trafugate dal Museo Egizio del Cairo sono state recuperate. Secondo quanto racconta lo stesso Zahi i ladri hanno tentato di venderle a Khan el-Khalili. E dove sennò? Le hanno proposte al proprietario di un negozio che ha offerto Leg 1500,00. Soltanto quando i ladri hanno sostenuto che valevano molto di più perché venivano dal Museo del Cairo il commerciante ha chiamato la polizia. Si tratta di alcuni reperti trafugati dalla Stanza P 19, dove si trovano le statue di divinità pubblicate da Naville. Mi sorge spontaneo e subitaneo un pensiero. Se i ladri avessero accettato l’offerta di Leg 1500,00, cosa avrebbe fatto il commerciante?
Zahi è fiducioso di riuscire a recuperare tutto quello che è stato trafugato. Mancano ancora all’appello trentasette oggetti. Alcuni del tesoro di Tutankhamon. Interessante notare come tutte queste informazioni Zahi le ha date quando non era ancora stato (ri)nominato ministro. Evidentemente non ha mai cessato di sentirsi tale.
Concludo con una notizia che il Corriere.it ha appena battuto e che mi ha allargato il cuore. Alcuni docenti della Statale di Milano e della Bocconi sono indagati per avere manipolato concorsi universitari. Che sia la volta buona che cominciano a fare piazza pulita di certa gente? Come diceva il buon vecchio Bracardi: “In galera… In galera!”. Ma stavolta davvero. Nessuno escluso.

venerdì 25 marzo 2011

THE GURNAUY JOB

Sono passati dieci giorni dall’ultima volta che ho scritto in questo blog. Chiedo scusa. E’ che mi sono preso una piccola vacanza da tutto e da tutti. Sono andato con mia moglie a Madrid per un fine settimana. L’egittologia è stata limitata alla passeggiata finale per il centro città. Siamo infatti partiti dal Tempio di Debod, donato alla Spagna per l’aiuto profuso nel salvataggio dei templi in Nubia e ricostruito in un giardino a non molta distante dal Palazzo reale.

Il Tempio di Debod al tramonto
Riprendo questo blog da Los Angeles dove sono arrivato ieri. Sono atterrato all’aeroporto di Atlanta e le prime pagine dei giornali erano piene delle fotografie di Elizabeth Taylor, morta in questi giorni. Furoreggiavano quelle in cui vestiva gli abiti Cleopatra, nell’omonimo film di Mankiewicz. 

Liz Taylor - Cleopatra in una scena dell'omonimo film di Mankiewicz

Oltre i due Oscar che ha vinto, Elizabeth Taylor avrebbe forse meritato anche una laurea in egittologia honoris causa. Il modo in cui ha interpretato Cleopatra ha condizionato la percezione corrente che abbiamo di questo personaggio storico in modo tale da condizionare anche la descrizione che ne viene data in molti studi a lei dedicati. Sarebbe interessante una ricerca psico-sociologica sull’influenza che ha avuto Hollywood sulle materie storico-archeologiche. A mio avviso ne risulterebbero un mucchio di sorprese. 
Non posso non pensare ai giochi del destino. Mi trovo negli Stati Uniti invitato a tenere alcune conferenze. Qui a Los Angeles me ne hanno chiesta una su Iside e, tra le diapositive che avevo scelto ce n’è appunto una di Liz Taylor con un prezioso basileion sulla testa. 

Il sondaggio su chi doveva essere il nuovo ministro delle antichità egiziane si è concluso. Senza grandi sorprese ha stravinto Zahi Hawass con il doppio dei voti rispetto a Sabri Abd El-Aziz. Ritengo che sul risultato abbia pesato soprattutto la notorietà di cui entrambi godono qui in Italia. 

Al di là di questo, la situazione in Egitto rimane abbastanza grave. Manca ancora un vero controllo di polizia, soprattutto per quello che riguarda i siti archeologici. E non è soltanto una questione di tombaroli. Mi sono giunte voci che non pochi egiziani hanno approfittato della situazione per espandere campi e costruire case abusive su terreni di proprietà delle antichità. 
Grazie a Isabella ho notizie di prima mano sul furto perpetrato ai danni degli scavi attualmente in corso tra le rovine del tempio funerario di Amenofi III sulla riva ovest di Luxor. Invece delle Austin Mini Cooper rese famose dal celeberrimo film “The Italian Job” (chi on si ricorda l’inseguimento per tutta Torino nella versione del 1969?), qui è stato utilizzato uno dei minibus che servono da taxi per il trasporto dei Gurnauy (gli abitanti di Gurna). I ladri dovevano essere una dozzina. Di più, in un minibus gurnauy non ci si sta. Tra i ladri c’era anche un “doktur” che, in questo caso, era qualcuno che si era procurato il cloroformio con il quale sono stati addormentati i guardiani. Un altro sembra sia stato sopraffatto mentre portava il tè ai colleghi (anche questo è molto “gurnauy”, pure troppo…). I ladri hanno portato via la parte superiore di una statua di Sekhmet e il viso di una statua reale che, insieme ad altri preziosi reperti, conservati nel magazzino che la missione diretta da Hourig Sourouzian ha fatto costruire direttamente sul sito. Già l’indomani i responsabili del furto erano stati individuati e riacciuffati. I nomi di tre sono noti. A quanto afferma la stampa sono stati processati per direttissima e condannati a quindici anni di carcere. 
Non è il primo tentativo di rubare una statua di Sekhmet. Pochi anni or sono alcuni ladri avevano ne prelevato una dal Tempio di Mut a Karnak e, dopo averla caricata su un pick-up, tentavano di farla uscire illegalmente dal paese. Anche in quell’occasione però erano stati catturati. E’ forse meglio non toccare le effigi di Sekhmet che, non dimentichiamolo, era colei che Ra aveva mandato a vendicarsi degli uomini.

Ho molte cose da raccontare. Spero di riuscirci tra una conferenza e l'altra... 

giovedì 17 marzo 2011

GIOCARSI UN CONCORSO A RISATE


Riassunto delle puntate precedenti. Tiradritti prepara i documenti per partecipare al concorso di ricercatore in Egittologia a La Sapienza Università di Roma sapendo di averlo già perso. Loretta Del Francia Barocas viene nominata membro interno. Le possibilità di vittoria per Tiradritti diminuiscono ancora. Ma come è possibile, se erano già a zero? 

Conosco Loretta Del Francia Barocas da quando ero studente all’Università di Roma “La Sapienza” (allora si chiamava così). Era direttrice delle biblioteca di orientalistica che funzionava molto bene. Non ero molto in confidenza con Loretta. Mi avevano detto che si era laureata in una materia che aveva a che fare con l’archeologia dell’India o delle regioni limitrofe e che era anche moglie di Claudio Barocas, egittologo prematuramente scomparso. Barocas insegnava a Napoli dove ha lasciato un vuoto egittologico a tutt’oggi incolmabile. Il suo “L’antico Egitto” è stata una della fonti di ispirazione nei miei primi anni universitari e ha contribuito non poco alla mia formazione metodologica. 
Negli anni successivi alla laurea sono stato molto lontano da Roma e, in quell’intervallo di tempo, Loretta è diventata professore associato e ha cominciato a insegnare copto. Qualcuno potrebbe stupirsi che una laureata in una materia che riguarda l’India o giù di lì possa poi assumere una docenza sull’Egitto cristiano. In effetti rimasi anch’io un po’ meravigliato quando lo seppi. 
Qualsiasi possibilità di un sostegno da parte di Loretta me lo sono giocato molti anni fa. Quell’episodio è ancora indelebile nella mia memoria e credo proprio che lo sia anche nella sua. 
Era il 2000 ed eravamo al Cairo per l’Ottavo Congresso Internazionale di Egittologia che aveva svolgimento al Mena House Oberoy. In una pausa raggiungo il bar della piscina per prendere qualcosa da bere. Lì c’è Loretta con due o tre sue allieve che, dopo poco, se ne vanno. Approfittando del fatto che siamo rimasti soli Loretta mi mette a parte di una grande notizia: è riuscita a ottenere l’affidamento della cattedra di egittologia a Viterbo. Mi dice, cito testualmente “Gli studenti potranno finalmente assistere a lezioni dove si insegnerà la vera archeologia egizia visto che Roccati (che allora insegnava a Roma, NdA) non ne capisce nulla”. Non so come è stato, ma mi è venuto spontaneo chiedere “E chi la insegnerebbe?”. Loretta, un po’ interdetta, mi risponde “Beh… Io.” 
E’ vero. Ho mancato. Non so cosa mi è preso, ma non sono proprio riuscito a trattenermi. Ho cominciato a ridere senza potermi più frenare. Loretta mi ha gettato un ultimo sguardo contrariato e si è allontanata. Avrei dovuto trattenermi. Lo so, ma non c’è l’ho proprio fatta. Ancora oggi, a distanza di undici anni, sorrido a ripensare a quell’episodio. Quando lo racconto rido ancora senza riuscire a frenarmi. 
Cosa ci trovo di tanto divertente? Non è poi così difficile da capire. Come può una persona laureata sull’India e affini, dopo avere passato anni alla direzione di una biblioteca e che ha un insegnamento di copto, essere in grado di insegnare la “vera archeologia egizia”? Da allora non ho più avuto molti contatti con Loretta Del Francia Barocas. 
Negli anni successivi ho incontrato alcune sue studentesse e ho avuto modo di parlarci. Non mi sembrava che avessero una buona preparazione in archeologia egizia. Sarà forse dipeso dal fatto che non erano molto in gamba. Tutto può essere…

martedì 15 marzo 2011

A(NTIQUITIES) FACTOR

Situazione molto fluida in Egitto in questi giorni. Non ho fatto neanche in tempo a scrivere che il prossimo Ministro delle antichità poteva essere il Professor Alaa Ed-Din Abd El-Mohsen Shaheen. La sua nomina, che sembrava ormai sicura, ha scatenato un vero e proprio putiferio tra gli archeologi egiziani. Niente lampada di Aladino, niente magia per rimettere in sesto la situazione dei monumenti egiziani.
E ora? E ora si apre uno scenario in cui sono in lizza una serie di contendenti. Un blog inglese riportava sette nomi. In un caso però c’era un punto interrogativo. I sei nomi restanti corrispondono a quelli che più insistentemente si sono sentiti circolare in questi ultimi giorni. Sono personaggi di spicco nell’ambito dei monumenti egiziani. Ne do la lista, in rigoroso ordine alfabetico:

Abd El-Halim Nour Eddin. Insegna all’Università di Alessandria e ha già ricoperto la carica di Direttore generale del Consiglio Supremo della Antichità alla metà degli anni Novanta del secolo scorso.






Alaa Ed-Din Abd El-Mohsen Shaheen. Rimando all’intervento di ieri.








Mohammed Abdel Maksoud. E’ Capo del Dipartimento centrale per le antichità del Basso Egitto. Si è distinto negli ultimi anni per un’intensa attività di ricerca e di scavo nei siti del Delta.






Mamduh Eldamaty. Insegna all’Università di Ain Shams. Vi è tornato dopo avere ricoperto per alcuni anni la carica di Direttore del Museo Egizio del Cairo.







Sabri Abdel Aziz. Responsabile generale del Dipartimento dei monumenti faraonici nel Consiglio Superiore delle Antichità. Proviene dalla direzione dell’area archeologica di Tebe Ovest e delle antichità dell’Alto Egitto.






Zahi Hawass. Ha bisogno di presentazioni?










La situazione è confusa. Quanto tempo ci vorrà prima che venga scelto qualcuno a ricoprire la carica di Ministro delle Antichità? Nel frattempo propongo una sorta di breve reality dove potrete decidere chi, a vostro giudizio, occuperà questa carica. Il sondaggio lo trovate qui accanto dura una settimana e, non vi preoccupate, è anonimo. 

Da domani torno a parlare dei fatti di casa nostra.


Aggiornamento del 25 marzo 2011. Il vincitore è risultato Zahi Hawass, con quasi il doppio dei voti rispetto a  Sabri Abd El-Aziz. 

lunedì 14 marzo 2011

ALADINO E L'ALIENO DELLA LAMPADA

Questo fine settimana si è diffusa la notizia che il successore di Zahi Hawass dovrebbe essere il Professor Alaa Ed-Din Abd El-Mohsen Shaheen, fino a poco tempo fa preside della Facoltà di Archeologia all’Università del Cairo. IO ne sono venuto a conoscenza tramite un SMS di Isabella. 
Alcuni siti internet, primo tra tutti quello dell’autorevole Al-Ahram, il quotidiano a maggiore diffusione in Egitto, danno la nomina come certa, ma non ancora avvenuta. Altri invece la confermerebbero, aggiungendo che Shaheen deve soltanto prestare giuramento prima di assumere ufficialmente la carica. Il sito di Al-Shuruq el-gedid arriva persino a pubblicare alcune sue dichiarazioni come ministro. Shaheen afferma che non prenderà provvedimenti nei confronti del Direttore del Museo Egizio del Cairo fino a quando l’inchiesta non sarà completata e che si occuperà di trovare una rapida soluzione al problema dei numerosi laureati in archeologia in attesa di lavoro. Il sito di Al-Dostor Al-Asly definisce invece uno “shock” la nomina di Shaheen a Ministro delle Antichità. Ricorda che è stato uno stretto collaboratore di Faruq Hosni, ministro della cultura per un ventennio con Mubarak. 

Alaa Ed-Din Shaheen con Zahi Hawass (Fotografia da sito di Alaa Ed-Din Shaheen)
Viene anche menzionata la partecipazione di Shaheen a una missione polacca che aveva qualcosa a che fare con il mondo ebraico. Questa rivelazione, che nell’Egitto contemporaneo è ancora in grado di suscitare un quasi unanime sdegno, aveva costretto Shaheen alle dimissioni da Preside della Facoltà di Archeologia dell’Università del Cairo. 
Nonostante la sua notorietà in Egitto, Shaheen non è molto conosciuto all’estero, soprattutto perché le sue pubblicazioni sono prevalentemente in lingua araba. La maggior parte riguardano i rapporti tra l’Egitto e il Vicino Oriente. 

Alaa Ed-Din Shaheen in posa davanti a un blindato (Fonte News Maktoob.com)
Il nome di Shaheen è improvvisamente balzato agli onori di internet alla fine di novembre scorso. Secondo alcuni siti, nel corso di una sua conferenza, un signore polacco di nome Marek Novak gli avrebbe domandato se riteneva possibile che le piramidi fossero opera degli alieni. Shaheen avrebbe risposto che non poteva né confermare né smentire, ma che al loro interno c’era sicuramente qualcosa che non era di questo mondo. Interpellato l’interessato si era affrettato a smentire e la notizia si era sgonfiata nel giro di una decina di giorni. Ne rimane però traccia in decine di siti relativi agli UFO e argomenti simili di tutto il mondo. 
Cosa dire? Non posso che augurare al Professor Shaheen buona fortuna. Ne ha tantissimo bisogno. Le notizie che provengono dall’Egitto sulle antichità sono sconfortanti. Non si tratta soltanto di saccheggi. Approfittando dell’allentamento del controllo da parte della polizia e dell’esercito si registrano casi in cui comuni cittadini ne approfittano per innalzare case o allargare i propri campi a scapito dei siti archeologici. In un paese come l’Egitto dove lo spazio vivibile è limitato dal deserto, l’appropriazione di ogni metro quadrato disponibile è un istinto quasi irrefrenabile. 
Ci vorrà uno sforzo sovrumano per riportare tutto alla normalità. Questo mi fa pensare che il Professor Shaheen sia stato nominato Ministro delle antichità per via del suon nome. Alaa Ed-Din in italiano è Aladino. Nell’averlo scelto c’è forse la speranza che sfreghi la sua lampada, tiri fuori il genio (in questo caso meglio dire “l’alieno”) in essa racchiuso e rimetta tutto a posto in men che non si dica. Speriamo davvero sia così.

sabato 12 marzo 2011

SIN(H)OPOLI L'EGIZIANO

Abbandoniamo per un momento le tristezze concorsuali e torniamo a occuparci di egittologia. In uno dei miei interventi precedenti avevo detto che ero andato in Svizzera. La ragione era l’inaugurazione di una mostra che ho realizzato per la catena di centri commerciali Manor
Quando me lo hanno chiesto ho arricciato un po’ il naso. Dopo neanche un minuto avevo però cambiato idea. Mi è sembrata una buona occasione per fare conoscere un po’ d’Egitto a un mucchio di gente a cui non verrebbe forse neanche in mente di entrare in un museo. Una volta avute tutte le assicurazioni sulla sicurezza dei reperti, che male c’è? Perché la gente deve sempre andare dalla cultura e mai la cultura dalla gente? 
La cosa seccante è che, ogni volta che mi chiedono una mostra, quasi mi impongono di inserirci un sarcofago. Possibilmente corredato di mummia. In questo caso, non ho dovuto faticare molto per dissuadere gli organizzatori a proposito della seconda richiesta. Mi è bastato dire che le vendite di aringhe e salumi affumicati sarebbero probabilmente scese vertiginosamente. Le mie vere motivazioni sono un po’ più morali, ma se le esprimo, rischio di rimanere inascoltato. 
Ho pensato che sarebbe stata una bellissima idea esporre l’integralità, o quasi, della collezione egizia che il compianto maestro Giuseppe Sinopoli era riuscito a raccogliere negli ultimi anni della sua vita. I reperti che era riuscito ad acquistare abbracciano tutte le epoche più importanti della storia egizia e consentono di dare un’idea generale della civiltà faraonica. Requisito ritenuto necessario per la realizzazione della mostra dagli organizzatori della stessa. 
Avevo conosciuto Sinopoli nel 1994 e, poco a poco, avevo cominciato a frequentarlo. In verità c’eravamo incontrati anche prima. A Montepulciano, in occasione del Cantiere Internazionale d’Arte del 1979 dove era stato invitato a dirigere. Come poteva però ricordarsi  del ragazzo che, quasi ogni mattina, gli trasportava il pianoforte da una sala prove all’altra insieme agli operai del comune? Lui non poteva ricordarsene, io sì. Più che altro mi ricordavo della pesantezza del suo pianoforte. Non so a chi possa interessare, però un’arpa è ancora più difficile da spostare. Provare per credere. 
Giuseppe e sua moglie Silvia vennero anche a trovarmi a Luxor nel 1997. Visitarono la Tomba di Harwa ancora ingombra di detriti. 

Giuseppe Sinopoli, la moglie Silvia e l'autore di questo blog nella Tomba di Harwa, 1997
Fu in quella occasione che Giuseppe mi parlò di un progetto che gli stava a cuore. Voleva dirigere una composizione sul concetto egiziano dell’eternità legata al perpetuo risorgere del sole. Era un’idea che lo affascinava molto e ne parlammo varie volte negli anni a seguire. Tornammo a discuterne nel marzo del 2001, proprio prima che partissi per la campagna primaverile. Dovevo informarmi quanto costasse l’affitto del tempio di Medinet Habu. Era un monumento che Giuseppe amava ed era lì che avrebbe voluto organizzare il concerto. Avevo appena preso appuntamento con Sabri Abd El-Aziz, allora direttore delle antichità di Tebe Ovest, per presentargli il progetto quando fui raggiunto dalla dolorosa notizia dell’improvvisa morte di Giuseppe. 
Negli anni successivi ho continuato a frequentare Silvia e i figli Giovanni e Marco. Li ho messi a parte della mia idea e anche loro, dopo un primo momento di titubanza, hanno accettato di prestare quasi l’intera collezione per la mostra in Svizzera.
Il desiderio degli organizzatori di esporre un sarcofago mi ha dato l’idea di chiedere a Maria Cristina Guidotti, direttrice del Museo Egizio di Firenze, un nucleo di reperti che ricostruissero un ipotetico corredo funerario. Così avrei potuto anche documentare le credenze egizie sull’aldilà che tanto avevano affascinato Giuseppe. Il patto era che gli organizzatori coprissero le spese per il restauro del sarcofago. Hanno accettato. 

Il viso del sarcofago del Museo Egizio di Firenze esposto al Manor di Monthey
La mostra ha aperto il 28 febbraio scorso nel centro commerciale di Monthey nella Svizzera Romanda. Il titolo è “L’Egyptien”, a voler indicare sia l’uomo egizio, ma anche la passione di Sinopoli per la civiltà faraonica che lo rendeva un po’ “egiziano”. L’evento toccherà poi le sedi di Sierre, Chavannes, Marin e Vevey e si concluderà a luglio. Chi fosse interessato alla piccola guida quadrilingue me lo faccia sapere. Vedrò di procurarmene alcune copie.

giovedì 10 marzo 2011

COPTI E MANGIATI


Torno a parlare del concorso che ho perso. 

Riassunto delle puntate precedenti. Dopo essersi reso conto dell’atrocità di dovere presentarsi a un concorso che sa di avere già perso, Francesco Tiradritti si mette a preparare i documenti necessari. Lo abbiamo lasciato che stava andando alla posta per spedirli… 

Carico il pacco con i miei titoli sulla 500 e mi dirigo verso la posta di Chianciano. E’ una bella giornata di fine dicembre e il sole dissipa i cattivi pensieri. Alla posta c’è fila. Sono arrivato tropo tardi e mi trovo a dovere aspettare la solita segretaria di qualche commercialista o avvocato che spedisce più di venti raccomandate. Mi faccio dare il modulo per la raccomandata A/R e lo compilo nell’attesa del mio turno. Tocca a me. Deposito il pacco e chiedo che di spedirlo per raccomandata. L’impiegata mi fa notare che supera le dimensioni consentite. E allora? Mi consiglia di fare un pacco celere con ricevuta di ritorno. Le chiedo se ha la stessa validità legale di una raccomandata. Mi dice che non ne è sicura, ma che non ho altra scelta. Dovrei togliere il libro sul Museo Egizio del Cairo. Ma perché? Opto per il Pacco celere 3 con ricevuta di ritorno. Esco dalla posta con la convinzione di avere commesso con un errore. 

Inizia il 2011. Il 2 nasce Leonida. La felicità è al massimo. Il concorso è dimenticato. Le mie angosce affogano nel mare di gioia che mi procura stringere al petto quel minuscolo essere che è mio figlio. Non avrei mai pensato che fosse così meraviglioso cambiare pannolini o fare un bagnetto. 
In quei primi brevi mesi di felicità assoluta mi riporta alla realtà del concorso la notizia che è stato selezionato il commissario interno. Si tratta di Loretta del Francia. Si dice che abbia avuto la meglio su Tito Orlandi. Entrambi si occupano di coptologia. La Del Francia è più storica dell’arte, Orlandi più filologo. 

Qui mi fermo per una considerazione. Perché in Italia, l’Egittologia deve essere legata alla Civiltà copta? Non mi pare di ricordare che vi siano esempi simili nel mondo. Invece da noi la dicitura dell’insegnamento è proprio “Egittologia e civiltà copta (L-OR/02)”. L’accorpamento di egittologia e civiltà copta, trasposto qui in Italia, significherebbe creare un insegnamento di “Romanistica e civiltà italiana”. E’ un esempio per assurdo, ma mica poi tanto. 
Proprio Orlandi, che è stato mio professore, si vantava di avere imparato il copto senza avere mai studiato né il geroglifico né tanto meno la lingua egizia. A lezione chiedeva a noi studenti con un po’ più di esperienza se eravamo in grado di ricostruire l’etimologia di parole o la derivazione delle forme verbali copte che stavamo studiando. Il più delle volte non eravamo in grado di farlo. Ci mancava l’esperienza. Il suo Elementi di grammatica copto-saidica (Roma 1983) dimostra chiaramente questa sua visione. Se vi si cerca la parola “egiziano” e i suoi derivati, si trovano soltanto dodici occorrenze. E si concentrano quasi tutte nella brevissima introduzione. Della reale importanza del copto per lo studio delle fasi precedenti della lingua egizia me ne sono reso conto soltanto alcuni anni più tardi, frequentando le lezioni di Pascal Vernus all’Ecole Pratique des Hautes Etudes a Parigi. Ma era un po’ troppo tardi e devo confessare di essere abbastanza scarso in coptologia. Nonostante i due Trenta e lode che ho preso proprio con Orlandi. 

Stoffa copta con Giasone, Medea e il Vello d'oro (Paris, Musèe National du Moyen Age - Thermes de Cluny) 
Non è però Orlandi a essere stato designato come membro interno. E’ Loretta Del Francia. La conosco da moltissimo tempo. Nonostante questo so che la sua nomina aumenta la mia certezza di perdere il concorso. Perché?

venerdì 4 marzo 2011

ZAHI LASCIA

Mi piacerebbe tornare a parlare del concorso, ma c’è sempre qualcosa che sopravviene e mi obbliga a rimandare. Isabella Faroppa, amica da tanto e da tanto conterranea (nel senso che condividiamo lunghi soggiorni a Luxor), ha confermato che Zahi Hawass ha dato ufficialmente le sue dimissioni, facendole seguire a quelle del primo ministro egiziano Ahmed Shafiq. Straordinario il potere di Midan El-Tahrir! Com’è che l’Italia, la nazione dalle mille piazze, non riesca a trovarne una dotata della stessa forza? 
Sono passati esattamente nove anni (era il marzo 2002) da quando Zahi ha preso il posto di Gaballa Aly Gaballa alla guida del Consiglio Superiore delle Antichità (SCA) egiziano. In questo lasso di tempo molti sono i cambiamenti da lui apportati all’organizzazione preposta alla tutela e valorizzazione dei monumenti egiziani. Zahi ha ripreso il processo di svecchiamento di tutti i quadri dello SCA già iniziato con Abd El-Khalim Nur Ed-Din alla metà degli anni Novanta del secolo scorso. Ha introdotto lo stipendio per gli ispettori, dando un duro colpo alla deprecabile consuetudine di distribuire mance agli stessi. Ha reso lo SCA un’organizzazione più efficiente e al passo con i tempi. 
Quello che personalmente rimprovero a Zahi è l’eccessiva esposizione mediatica a cui ha sempre sottoposto i monumenti egiziani, già da quando era direttore generale dell’area archeologica di Giza. Ha mercificato un po’ troppo la nostra professione. 
Altro non mi sento di dire. Non mi va proprio di unirmi al coro di coloro che, guarda caso soltanto nelle ultime settimane, lo accusano di corruzione e di altre nefandezze di vario genere. Ho letto sul web che lo si vorrebbe implicato anche nel commercio illegale di antichità. Se quest’ultima accusa risultasse vera ne sarei profondamente stupito oltreché addolorato. 
Anche sulle dimissioni di Zahi sono state fatte molte illazioni. E’ invece assai probabile che si sia sentito messo alle corde e le abbia date perché non poteva fare altrimenti. La situazione delle antichità in Egitto è da far accapponare la pelle. Isabella mi diceva che manca davvero la sicurezza. Ho fiducia negli egiziani e so che saranno venire a capo di questo terribile momento. Se però avessero bisogno di qualcuno, io sono qui. Non hanno che da chiedere. Non ho da proporre loro soluzioni. Mi metto soltanto a disposizione. Anche se si trattasse di andare a dormire in qualche casupola di guardiano a vegliare sui monumenti. 
Una frase che ha scritto Zahi ieri sul suo sito mi ha fatto riflettere: “… dopo le dimissioni di Mubarak i saccheggi sono aumentati in tutto il paese e le nostre antichità sono in grave pericolo a causa di criminali che tentano di approfittare dell’attuale situazione.” Non so se ne è accorto, ma Zahi ha usato un topos della letteratura egiziana rovesciato. Molti testi, soprattutto quelli di propaganda reale, cominciano descrivendo una situazione caos. Sale al trono il sovrano che ristabilisce l’ordine. Zahi scrive invece proprio l’inverso e postula l’equazione Mubarak = ordine; senza Mubarak = caos. 
Detto questo, Zahi se ne va. Quanti uomini politici (perché Zahi lo è) rimarrebbero coerenti con le proprie idee (e Zahi ha sempre dichiarato di essere pro-Mubarak), soprattutto sapendo che queste non hanno futuro?
Troppo facile, con questa osservazione, attraversare il Mediterraneo e fare confronti con quello che succede in Italia. Zahi se ne va perché forse ha paura che gli aprano gli armadi dove ha nascosto gli scheletri. D’accordo, però se ne va. Qui tutti restano al proprio posto sapendo benissimo che quando gli armadi saranno aperti si farà finta di non vedere gli scheletri e i cadaveri in putrefazione che vi sono stipati. 

E dopo Zahi? Con Isabella ci siamo trovati d’accordo che Sabri Abd El-Aziz, l’attuale direttore generale delle Antichità faraoniche, potrebbe essere il suo successore. C’è il problema che però a maggio prossimo va in pensione. E questo potrebbe anche essere visto da alcuni come un vantaggio… Se però fosse eletto ministro, potrebbe rimanere al di là del termine impostogli dall’età. Tra pochi giorni avremo la risposta.

giovedì 3 marzo 2011

ROMPERE I VASI

Il mio rientro dalla Svizzera è andato bene. Sono atterrato a Fiumicino con “appena” un’ora e mezza di ritardo. Stavolta la colpa era però dell’aero Baboo in partenza da Ginevra. Ho ritirato il mio bagaglio in un quarto d’ora e sono riuscito a prendere il treno per Roma delle 20.27 alle 21.11: aveva quarantaquattro minuti di ritardo. Bazzecole... 
Riprendo il filo del discorso raccontandovi la mia più recente scoperta. Eccola qua. La settimana scorsa ero a Torino. Non visitavo il museo da un po’ e ho approfittato per un giro veloce. Mi ha accompagnato Sara Caramello perché la direttrice Eleni Vassilika era ammalata. Ero soprattutto curioso di vedere l’allestimento temporaneo del corredo funerario di Kha e Meryt. Si trova nella sala che ospitava un tempo l’introduzione al percorso espositivo e la sezione dedicata alle prime epoche della storia egizia. Devo confessare che, entrando, sono rimasto interdetto dal fatto di trovarmi davanti le due masse oscure e incombenti dei sarcofagi esterni di Kha (a sinistra) e Meryt (a destra). Girando per la sala ho però apprezzato questa scelta: ha il duplice vantaggio di non mostrare subito tutto quello che è esposto, dando perciò al visitatore l’idea di uno spazio più articolato, e di rivelare soltanto gradatamente quello che si trovava all’interno dei due sarcofagi. Viene così ripetuta la successione che normalmente si produce in una scoperta archeologica. I sarcofagi antropoidi e i reperti di maggiore interesse si trovano raccolti all’interno di una vetrina centrale molto sobria. Il resto del corredo è esposto nelle bacheche parietali che facevano parte del precedente allestimento. Il risultato è più che apprezzabile. Il corredo di Kha e Meryt era troppo sacrificato nella saletta del primo piano e meritava davvero un maggiore risalto. Chi non fosse stato di recente a Torino, può farsene un’idea nel video accessibile nella pagina introduttiva in inglese del Museo Egizio. Chissà perché non c’è in quella in italiano. 

Il volume di Eleni Vassilika dedicato al corredo della Tomba di Kha
Ho chiesto poi a Sara di mostrarmi il vasetto di cui molto si è parlato nei mesi scorsi. Si tratta di una piccola brocca che ricorda un bilbil cipriota. Era stata ritrovata in due pezzi tra gli altri oggetti sparsi sul pavimento della camera funeraria di Kha e Meryt. Secondo Ernesto Schiaparelli, scopritore della tomba, la rottura era da considerarsi rituale. La brocca è stata restaurata in occasione del nuovo allestimento. Tale decisione è stata aspramente criticata (oggi niente nomi perché mi sento buono) e interpretata come un gesto di incompetenza da parte dello staff scientifico del Museo Egizio. Ne è nata una polemica. Da qui la mia curiosità. 
Ho osservato il vaso, la rottura e il restauro. Escluderei il rituale (Schiaparelli è tutt’altro che infallibile). Innanzitutto il cerimoniale ha un nome ben specifico: Sedj desherut, ovverosia “rompere i vasi rossi”. La brocca non ha questo colore. Oltretutto il rituale aveva svolgimento subito prima del trasporto del corredo funerario e del sarcofago nel sepolcro. Perché in questo caso si sarebbe deciso di effettuarlo all’interno della camera funeraria? Con questi presupposti la rottura del vaso va interpretata come un incidente verosimilmente avvenuto al momento della deposizione del corredo. La scelta di restaurare il vaso appare perciò legittima. La ricomposizione del reperto è pressoché invisibile e la didascalia che lo accompagna dichiara che il restauro è perfettamente reversibile. In ragione di quanto sopra il polverone sollevato intorno al vaso appare dettato più da un semplice partito preso che da una vera analisi archeologica dei fatti. 
Pensiero finale. Perché il polemista ignoto non è andato a leggersi almeno il Lexicon der Ägyptologie (J. van Dijk, Zerbrechen der roten Töpfe', in: Lexikon der Ägyptologie VI, Wiesbaden 1986, cc. 1389 – 96)? Non aggiornato, ma chiaro ed esaustivo.